DOVE SI PARLA DI...

cucina, gatti, casa, e mille altre cose...ricette (dolci e un po' di salato), ma anche di gatti, libri, natura e tanto altro.


martedì 28 luglio 2020

LA RECIDIVA

Sedicesima puntata. Se avete perso le precedenti scorrete verso il basso e cliccate su "post più vecchio".
Sono ancora in attesa della TAC ma almeno ora ho una data: 13 agosto. Quindi ancora un paio di settimane di ansia, più qualche giorno per gli esiti. 
Eravamo rimasti a inizio 2018: dopo 10 mesi da incubo la vita stava pian piano tornando alla normalità. I capelli ricrebbero, avevo ricominciato a mangiare e avevo voglia di dedicarmi a cose che non fossero "la malattia". La cosa più brutta quando si è in queste situazioni, è che tutto gira intorno a quello, c'è ben poco spazio per altro. Soprattutto a livello mentale. Mi resi conto che in quegli ultimi dieci mesi le uniche cose che avevo vissuto erano legate all'ospedale: visite, intervento, ricoveri, terapie... E tutte le immagini di quel vissuto si affollavano nella mia testa, non riuscivo a pensare ad altro. Persino il suggeritore dei messaggi Whatsapp dava sempre parole legate a quello: "chemio, ospedale, operazione...". Per questo cercai di fare qualcosa che mi distraesse: organizzai un raduno per il gruppo Facebook di cui sono admin, Bimby vegan. Venne poca gente ma fu per me una splendida giornata, molto emozionante. Io e il Top a giugno facemmo uno dei nostri mini viaggetti di tre giorni in Germania (di cui parlerò in futuro in un post dedicato) perché avevo letteralmente bisogno di fabbricarmi nuovi ricordi. E mi dedicai al mio libro di ricette che avevo iniziato prima di ammalarmi ma a cui non ero più riuscita a lavorare per tutto il periodo della malattia perché non riuscivo a mangiare. E mi torna anche in mente un effetto collaterale della chemio, che avevo dimenticato di menzionare: per almeno una decina di giorni veniva un saporaccio terribile in bocca, tanto che potevo mangiare anche la cosa più buona del mondo e non l'avrei apprezzata. Ricominciai quindi a sperimentare ricette, che è una cosa che mi piace tantissimo fare, così riuscii anche a tenere la testa occupata. Ogni quattro settimane andavo a fare la mia terapia biologica, che era sempre una flebo ma durava molto meno dell'altra e non aveva effetti collaterali. Di solito finivo verso l'una e quindi prendemmo l'abitudine, dopo, di andare a mangiare una pizza come "premio". Insomma, stavo bene. Ad agosto però l'oncologo mi disse che i marcatori erano saliti e quindi mi fece fare una PET per controllare: venne fuori che c'erano alcune "minute focalità" nell'addome. Insomma, poca roba, ma c'era. E quindi... chemio di nuovo. Fu un momento bruttissimo. Innanzitutto ne ero uscita solo da pochi mesi e mi ero a mala pena riabituata alla normalità. Poi era terribile il pensiero di ripassare di nuovo tutto quello che avevo già vissuto: i malesseri, la perdita dei capelli, la stanchezza. Senza parlare naturalmente del terrore che non fosse sufficiente e che la cosa potesse degenerare. A fine agosto ripresi dunque la chemio, solo tre cicli, per fortuna. Questa volta, a differenza della prima, soffrii moltissimo di nausea. E non pochi giorni, come solitamente avevo sentito succedere. Non vomitavo ma la nausea mi durava un paio di settimane. Dopo una settimana di relativa tranquillità arrivava l'altra chemio e il tomento ricominciava. I farmaci anti emetici non facevano nulla, quindi smisi di prenderli. Finalmente a novembre, a un mese circa dall'ultimo ciclo, mi rifecero la PET. Era andata bene, il referto recitava "remissione completa". Ero al settimo cielo! Nel frattempo non avevo voluto accantonare di nuovo il libro, e visto che le ricette erano sufficienti decisi di portare avanti la pubblicazione in modo da avere qualcosa di positivo su cui focalizzarmi. A fine novembre finalmente ebbi tra le mani la prima copia del libro (che presenterò meglio in un post futuro). Decisi di fare una foto da mettere su FB anche se avevo il turbante, era un meraviglioso sogno che si realizzava e andava comunque ricordato. Metto anche qui la foto che usai. 
L'oncologo mi propose un nuovo farmaco che sembrava studiato apposta per me: carcinoma ovarico, con recidiva guarita con carboplatino e mutazione genetica. Ho scoperto recentemente che le industrie farmaceutiche investono molto di più nella ricerca di farmaci per malattie rare, perché sanno che possono poi venderle a qualsiasi cifra (e infatti il mio farmaco costa uno sproposito, meno male che il nostro sistema sanitario, per quanto malandato, funzioni ancora in questo modo!). Il 2019 cominciava sotto i migliori auspici. 


venerdì 17 luglio 2020

IL DOPO INTERVENTO

Quindicesima puntata. Se avete perso le precedenti scorrete verso il basso e cliccate su "post più vecchio".
Sono ancora in attesa della TAC. L'oncologo aveva detto che non è urgente, quindi i tempi si allungano. E se da una parte sapere che non è urgente è un conforto, dall'altra c'è l'ansia che sta schizzando alle stelle. Anche perché se fossero stati sicuri che non c'è nulla non me l'avrebbero neanche prescritta.
Purtroppo la vita del paziente oncologico è questa: l'ansia continua. Dipende anche dal carattere, ovviamente: ci sarà chi riesce a non focalizzarsi sulla malattia, beati loro. Io non ci riesco. Intendiamoci: io faccio la mia vita, come diceva Moretti "faccio cose, vedo gente". Sono in dirittura d'arrivo con la stesura del mio secondo libro di ricette, preparo pranzi, vedo amici, rido e scherzo. Ma sotto sotto sono sempre "in attesa". Perché non riesco a non pensare che non sia questione di "se", ma di "quando". Lo so che è brutto pensare così, il Top si arrabbia sempre quando lo dico, ma purtroppo sono un po' pessimista di natura e non riesco a pensare che sia tutto finito.
Intanto però vado avanti con il mio racconto.
Ogni tre settimane andavo dunque a fare la chemio, entravo alle 8,30 e uscivo sempre non prima delle 15. Io mi portavo un libro da leggere, un po' guardavo internet sul cellulare, e il tempo passava. Nonostante il sonno fortissimo (gli antistaminici mettevano una sonnolenza pazzesca) non sono mai riuscita a dormire. La maggior parte delle persone invece non faceva nulla. Stava lì, qualcuno guardava la televisione che in alcune stanze c'era, in altre no. Qualcuno sonnecchiava. Qualcuno attaccava bottone con il vicino. E la maggior parte di quelli che mi sono capitati vicino, si lamentava. Persone a volte abbastanza anziane (sempre sopra i 70, to') che si lamentavano della sfiga che avevano avuto e di quanto fosse ingiusto il mondo. Con me. E io pensavo: "Ma se fanno così con me, che sono molto più giovane di loro e sono sulla stessa barca, chissà cosa faranno mai con i loro famigliari e amici!" E lì mi sono resa conto di essere una santa per come ho reagito alla cosa.
La chemio mi dava una gran stanchezza ma non troppi altri sintomi: ogni tanto dei crampi, ovviamente la perdita dei capelli e, cosa strana, mi faceva andare via la voce. Se solo parlavo un po' diventavo completamente afona.
In tutto questo malessere generale c'era da annoverare anche la conseguenza dell'intervento. Mi sentivo perennemente come se al posto degli organi interni avessi un frullatore, non sentivo dolore ma un fastidio terribile. Poi ogni tanto, se mangiavo appena un po' di più (riuscivo ancora, comunque, a mangiare ben poco), tornava il male alla spalla.
Cercavo di prendere un po' di sole, io che l'avevo sempre rifuggito, per assimilare la vitamina D. Cercavo di fare piccole camminate (dentro casa, riuscivo a fare solo pochi passi). E lessi, lessi tanto, ancora più del solito. Persi ancora peso, arrivai a perdere 30 chili, arrivando a pesare il mio peso forma, cosa che non succedeva da quando avevo 12 anni! Ovviamente ora ho ripreso buona parte dei chili persi perché, mannaggia a me, dovevo proprio decidere di scrivere libri di cucina (e una golosa che fa la cuoca o scrive libri di ricette, non può rimanere magra). Devo dire che se non avessi avuto tutti quei chili di troppo sarebbe stato un serio problema perché sono stata praticamente 9 mesi senza quasi mangiare.
Ci fu un momento in cui persi talmente le forze che non riuscivo più a stare in piedi, mi veniva da svenire. Un giorno, mentre ero seduta a tavola, dovetti buttarmi a terra e coricarmi sul pavimento, perché temetti di cadere dalla sedia.
Perdere i capelli è molto brutto, ma è ancora più brutto quando cominciano a cadere anche ciglia e sopracciglia, perché modificano proprio la fisionomia.
A Natale avevo finito da poco la chemio, e volli fare comunque il pranzo che ormai da qualche anno facciamo, con la famiglia, sempre a casa mia. A me piace tanto cucinare ed era un modo per tornare a una specie di normalità.
In qualche modo, pian piano, ripresi un po' di forze e a gennaio feci la prima PET che doveva finalmente dare il verdetto: avrebbero trovato ancora qualcosa, o per il momento ero salva?
Andò bene, sembrava non ci fosse più nulla! Il sollievo fu immediato e da quel momento in poi ricominciai a mangiare normalmente, come se non fossi stata nove mesi con lo stomaco chiuso come una morsa. Mi resi dunque conto che era solo una cosa psicologica. Pensate quanto è forte il potere della nostra mente!
Tornavo pian piano a vivere.

mercoledì 8 luglio 2020

LA CHEMIO

Quattordicesima puntata. Se avete perso le precedenti scorrete verso il basso e cliccate su "post più vecchio".
Mentre sono ancora in attesa di essere chiamata per la TAC di controllo (con l'ansia a mille) vado avanti con la mia storia.
Il 26 luglio 2017 iniziai la chemioterapia. Decisi di farmi seguire a Casale Monferrato perché Milano era un po' troppo scomodo e Alessandria non mi ispirava per niente. Mia nipote si era trovata bene a Casale e così andai lì. Il lunedì dovevo andare a fare il prelievo e la visita e, se i valori erano abbastanza a posto, il mercoledì facevo la chemio. Questo ogni tre settimane per più di quattro mesi. La prima volta l'emoglobina era un po' bassa e mi fecero un'iniezione per farla salire un po'. Le stanze della terapia sono cinque o sei, ognuna con due poltrone e due letti, si può scegliere se stare seduti o coricati. Io sceglievo la poltrona perché stare coricata sempre in posizione supina mi fa venire mal di schiena. La prima volta entrai alle 8,30 e uscii per ultima, alle 16,30. Sapevo che era lunga, ma non immaginavo così tanto. Appena arrivata mi davano delle pastiglie (cortisone, antinausea, antistaminico), poi iniziavano con delle flebo di fisiologica per idratarmi. Verso le 10 arrivavano le sacche della terapia vera e propria: io dovevo fare tre sacche, carboplatino, taxolo e bevacizumab. Quest'ultima era un cosiddetto "farmaco biologico" e avrei dovuto proseguire con questo la terapia per altri 18 cicli. Iniziai con il carboplatino e tutto andò bene. Al momento di iniziare il taxolo venne l'oncologo a sedersi di fianco a me, ma io non sapevo se era una prassi che lui passasse durante le terapie, essendo per me la prima volta. Appena aprirono la flebo e cominciò a entrarmi in circolo il farmaco cominciai a sentirmi mancare il fiato e sentii una sensazione stranissima e terribile, come se stesse svanendo tutto intorno a me. Comincia a dire che avevo una sensazione strana ma quasi non riuscivo più a parlare. L'infermiera chiuse immediatamente la flebo e iniziò un lavaggio di fisiologica, mentre io sussurravo: "Aiuto!". Ero spaventatissima perché non sapevo cosa stesse succedendo, credevo che sarei morta. Invece venne fuori che ero allergica, era una reazione possibile e per quello il medico stava lì durante la prima infusione. Forse non dicono nulla perché temono che il paziente si agiti e senta dei sintomi che non ha, ma per me è stata un'esperienza terribile, se avessi saputo forse non mi sarei spaventata così. Dunque la prima volta non feci il taxolo, e neanche la seconda perché il mio oncologo era in ferie e preferiva seguirmi lui. Dalla terza volta lo reinserirono facendomi prendere il giorno prima più antistaminico e cortisone. Così riuscii a tollerarlo. E quindi tenni i capelli ancora fino a settembre, perché a quanto pare era quello il farmaco che li faceva perdere. Ma venne il momento in cui dovetti rasarmi completamente. Tutti ti dicono: "Dai, poi ricrescono", e lo so che si fa per tirare su la persona, sicuramente l'avrei fatto anch'io. Ma la verità è che quello è un momento terribile, vedersi senza capelli è traumatico, specialmente per chi li ha portati sempre lunghi. Decisi di non usare la parrucca, non mi piaceva proprio. Optai invece per una sciarpa di cotone girata a mo' di turbante. Per fortuna era la stagione fredda per cui andai bene. Fosse stata piena estate sarebbe stato tragico!
Dopo la prima chemio non ebbi nausea. Avevo deciso di seguire le indicazioni del dott. Berrino che consiglia di fare tre giorni di digiuno in concomitanza con la terapia: il giorno prima, il giorno stesso e quello dopo. Io non facevo nessuna fatica perché all'epoca riuscivo ancora a mangiare pochissimo. Penso sia stata però fortuna, perché alle chemio che dovetti fare un anno dopo, la nausea mi venne eccome, nonostante il digiuno.
Niente nausea, dunque, ma una stanchezza inenarrabile. Non potevo far altro che stare coricata sul divano. E anche se la cosa sembra niente (in fondo basta starsene lì tranquilli) in realtà psicologicamente era devastante. Mi sentivo di non essere più padrona del mio corpo, non ero in grado di controllarlo. Camminavo come una vecchia di cent'anni, a piccoli passi e fermandomi spesso, tanto che ogni spostamento diventava un'impresa. Questo mi provocava un po' di depressione e le crisi di pianto arrivavano incontrollabili.
Fu pochi giorni dopo che arrivò Kimo e passai così i quattro mesi seguenti sul divano, a leggere, con lui in braccio che mi trasmetteva la sua energia positiva e mi consolava da tanta tristezza. Fu di grande aiuto, vedere quel batuffolo di pelo fu sicuramente la terapia più efficace.