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mercoledì 8 luglio 2020

LA CHEMIO

Quattordicesima puntata. Se avete perso le precedenti scorrete verso il basso e cliccate su "post più vecchio".
Mentre sono ancora in attesa di essere chiamata per la TAC di controllo (con l'ansia a mille) vado avanti con la mia storia.
Il 26 luglio 2017 iniziai la chemioterapia. Decisi di farmi seguire a Casale Monferrato perché Milano era un po' troppo scomodo e Alessandria non mi ispirava per niente. Mia nipote si era trovata bene a Casale e così andai lì. Il lunedì dovevo andare a fare il prelievo e la visita e, se i valori erano abbastanza a posto, il mercoledì facevo la chemio. Questo ogni tre settimane per più di quattro mesi. La prima volta l'emoglobina era un po' bassa e mi fecero un'iniezione per farla salire un po'. Le stanze della terapia sono cinque o sei, ognuna con due poltrone e due letti, si può scegliere se stare seduti o coricati. Io sceglievo la poltrona perché stare coricata sempre in posizione supina mi fa venire mal di schiena. La prima volta entrai alle 8,30 e uscii per ultima, alle 16,30. Sapevo che era lunga, ma non immaginavo così tanto. Appena arrivata mi davano delle pastiglie (cortisone, antinausea, antistaminico), poi iniziavano con delle flebo di fisiologica per idratarmi. Verso le 10 arrivavano le sacche della terapia vera e propria: io dovevo fare tre sacche, carboplatino, taxolo e bevacizumab. Quest'ultima era un cosiddetto "farmaco biologico" e avrei dovuto proseguire con questo la terapia per altri 18 cicli. Iniziai con il carboplatino e tutto andò bene. Al momento di iniziare il taxolo venne l'oncologo a sedersi di fianco a me, ma io non sapevo se era una prassi che lui passasse durante le terapie, essendo per me la prima volta. Appena aprirono la flebo e cominciò a entrarmi in circolo il farmaco cominciai a sentirmi mancare il fiato e sentii una sensazione stranissima e terribile, come se stesse svanendo tutto intorno a me. Comincia a dire che avevo una sensazione strana ma quasi non riuscivo più a parlare. L'infermiera chiuse immediatamente la flebo e iniziò un lavaggio di fisiologica, mentre io sussurravo: "Aiuto!". Ero spaventatissima perché non sapevo cosa stesse succedendo, credevo che sarei morta. Invece venne fuori che ero allergica, era una reazione possibile e per quello il medico stava lì durante la prima infusione. Forse non dicono nulla perché temono che il paziente si agiti e senta dei sintomi che non ha, ma per me è stata un'esperienza terribile, se avessi saputo forse non mi sarei spaventata così. Dunque la prima volta non feci il taxolo, e neanche la seconda perché il mio oncologo era in ferie e preferiva seguirmi lui. Dalla terza volta lo reinserirono facendomi prendere il giorno prima più antistaminico e cortisone. Così riuscii a tollerarlo. E quindi tenni i capelli ancora fino a settembre, perché a quanto pare era quello il farmaco che li faceva perdere. Ma venne il momento in cui dovetti rasarmi completamente. Tutti ti dicono: "Dai, poi ricrescono", e lo so che si fa per tirare su la persona, sicuramente l'avrei fatto anch'io. Ma la verità è che quello è un momento terribile, vedersi senza capelli è traumatico, specialmente per chi li ha portati sempre lunghi. Decisi di non usare la parrucca, non mi piaceva proprio. Optai invece per una sciarpa di cotone girata a mo' di turbante. Per fortuna era la stagione fredda per cui andai bene. Fosse stata piena estate sarebbe stato tragico!
Dopo la prima chemio non ebbi nausea. Avevo deciso di seguire le indicazioni del dott. Berrino che consiglia di fare tre giorni di digiuno in concomitanza con la terapia: il giorno prima, il giorno stesso e quello dopo. Io non facevo nessuna fatica perché all'epoca riuscivo ancora a mangiare pochissimo. Penso sia stata però fortuna, perché alle chemio che dovetti fare un anno dopo, la nausea mi venne eccome, nonostante il digiuno.
Niente nausea, dunque, ma una stanchezza inenarrabile. Non potevo far altro che stare coricata sul divano. E anche se la cosa sembra niente (in fondo basta starsene lì tranquilli) in realtà psicologicamente era devastante. Mi sentivo di non essere più padrona del mio corpo, non ero in grado di controllarlo. Camminavo come una vecchia di cent'anni, a piccoli passi e fermandomi spesso, tanto che ogni spostamento diventava un'impresa. Questo mi provocava un po' di depressione e le crisi di pianto arrivavano incontrollabili.
Fu pochi giorni dopo che arrivò Kimo e passai così i quattro mesi seguenti sul divano, a leggere, con lui in braccio che mi trasmetteva la sua energia positiva e mi consolava da tanta tristezza. Fu di grande aiuto, vedere quel batuffolo di pelo fu sicuramente la terapia più efficace.

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